Athens News - AI in sanità, pazienti più avanti dei medici nel digitale

AI in sanità, pazienti più avanti dei medici nel digitale

AI in sanità, pazienti più avanti dei medici nel digitale

Pesano carenza di formazione e piattaforme troppo complesse

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Tra i medici, l'83% degli specialisti e il 76% dei medici di medicina generale credono che l'intelligenza artificiale cambierà radicalmente la sanità nei prossimi 5 anni. L'adozione resta tuttavia rallentata, e si scontra con un quadro più avanzato dal lato dei pazienti. Il dato emerge dalla nuova indagine Datanalysis 2025, presentata a Milano nel corso dell'evento "Noa: the Next-Gen Doctor", promosso da MioDottore, in occasione del decennale della piattaforma, e ad un anno dal lancio del servizio "Noa Notes". Gli strumenti digitali più utilizzati oggi sono i software di gestione dell'agenda (32% tra i Mmg e 37% tra gli specialisti), le piattaforme digitali di comunicazione (22% e 24%) e, rispettivamente, teleconsulto (19%) e refertazione digitale (25%). Per quanto riguarda i pazienti, il 79% utilizza già strumenti digitali - app di prenotazione, teleconsulto o dispositivi indossabili per il monitoraggio della salute - e il 61% dichiara di conoscere l'Ai in ambito sanitario, anche se spesso solo in modo superficiale. Più della metà (58%) si rivolge al proprio medico o centro sanitario 3-5 volte l'anno, segno di un'interazione costante con il sistema, e oltre il 50% ritiene che l'Ai cambierà radicalmente il modo di ricevere le cure. L'indagine - condotta su 2mila medici (1.000 medici di medicina generale, 500 specialisti ospedalieri, 500 medici di centri privati o convenzionati) e 1.000 pazienti cronici - restituisce perciò la fotografia di un sistema sanitario che evolve, ma con forti dislivelli di competenze, fiducia e accesso tecnologico. "La vera opportunità riguarda l'erogazione stessa dell'assistenza - afferma Giuseppe Recchia, vicepresidente di Fondazione Tendenze Salute - L'AI, integrata in app e dispositivi, diventa un moltiplicatore delle possibilità di supporto e di personalizzazione delle cure". Il cambiamento in atto "richiede, tra l'altro, il coinvolgimento della comunità medica nello sviluppo e nella regolamentazione dell'Ai in ambito sanitario, e dosi robuste di formazione, tanto per i professionisti che per i cittadini", spiega Stefano A. Inglese, esperto di politiche sanitarie. La necessità formativa resta comune a entrambe le categorie: complessità d'uso (21-22%), mancanza di competenze digitali (18-20%), scarsa integrazione con i sistemi esistenti e costi elevati (18%).

E.Samaras--AN-GR